martedì 10 settembre 2013

Recensione videogioco: Silent Hill




Titolo: Silent Hill
Anno: 1999
Sviluppatore: Konami (Team Silent)
Distributore: Konami
Piattaforme: PSX, PS3, PSVita
Piattaforma testata: PSX


Una tranquilla vacanza, un periodo di serenità e un modo di rendere felice la figlia adottiva Cheryl; questo nei pensieri del mansueto scrittore Harry Mason sulla strada per la cittadina di Silent Hill. Ma improvvisamente, apparizione di una misteriosa ragazza, una brusca frenata, uno schianto. Quando Harry riprende conoscenza, a circondarlo è solo un'innaturale nebbia, di Cheryl nessuna traccia. Sarà l'inizio di un incubo, per il malcapitato padre, e per i videogiocatori di tutto il mondo.
Correva l'anno 1999, e allora dire "survival horror" equivaleva di fatto a chiamare in causa la serie Resident Evil, giunta già al secondo capitolo e punto di riferimento più che assoluto nel suo genere, tra orde di zombie, mostruosi esperimenti segreti e quel delizioso feeling da B-movie ad alto intrattenimento. In questo scenario Konami ha fatto il suo ingresso di forza, proponendo una boccata d'aria fresca, e un sentiero del tutto complementare rispetto a quello tracciato dal gioiellino di casa Capcom. Da una parte un horror puramente cinematografico, diretto e un pò caciarone (nella migliore accezione del termine); dall'altra un approccio più sottile e introspettivo, popolato di metafore, ambiguità e dove lo spavento non è cercato con un "BU!" sparato a tutto volume nel momento giusto, ma piuttosto costruito sul progressivo sfiancamento dei nervi del giocatore. Silent Hill rappresenta l'alba del survival horror psicologico.
L'impatto rivoluzionario del titolo Konami infatti non è da ricercarsi nel gameplay (che invero non si discosta molto da lidi già conosciuti e collaudati), ma in una trama matura e sfaccettata -aspetto, questo, che verrà ulteriormente affinato & perfezionato nel proseguo della saga- e un comparto di orrore puro capace di mettere a durissima prova anche chi di "cheap thrills" e balzi sulla sedia vari ha fatto ampiamente indigestione.
Già nelle nostre primissime escursione per le strade della "ridente" città, avremo modo di conoscere un paio delle chicche che i premurosi ragazzi del Team Silent hanno escogitato per attentare alle nostre coronarie, e che della serie si confermeranno elementi iconici.
Il primo, naturalmente è la "cara" nebbia, una cappa opprimente che -talvolta intervallata da una coltre di buio assoluto misto neve fuori stagione- limita senza pietà il nostro campo visivo a pochi metri dal nostro naso, con tanti saluti a quel poco di senso di sicurezza che potremmo desiderare da un gioco di questo tipo. E, per la cronaca, siamo di fronte a un lampante esempio di "unire l'utile al dilettevole". Scelta abbastanza atipica per l'epoca (almeno nel suo genere), Silent Hill sfoggia un ambiente di gioco interamente tridimensionale ed esplorabile in tutta libertà, in controtendenza con gli sfondi prerenderizzati e il sistema di telecamere fisse che han fatto la fortuna di Resident Evil. Una buona idea per spezzare il senso di linearità e coinvolgerci a 360° nell'azione, ma anche una brutta gatta da pelare per la capacità di calcolo della cara vecchia Playstation; da qui, complice l'ispirazione a Stephen King e al suo -ottimo- racconto "The Fog", ecco l'idea del diabolico manto nebbioso e la relativa visuale extra ristretta. L'hardware PSX ringrazia, horrorofilo ancora di più, tant'è che nei capitoli successivi, con l'avvento di nuove generazioni di console e sparita l'esigenza "tecnica", il look distintivo delle strade di Silent Hill resterà immutato. Così come si imporrà come gadget irrinunciabile per molti futuri "ospiti" della città la radiolina portatile che intascheremo agli inizi della nostra avventura. Non ci sarà possibile sintonizzarla sulle canzoni di Gigi D'Alessio, ma scopriremo presto che il suo utilizzo ha risvolti solo leggermente meno inquietanti: la radio ha per qualche ragione la capacità di percepire la presenza di mostri nei nostri paraggi avvertendoci con poco rassicuranti scariche statiche; uno strumento utile quanto poco salutare per i nervi, e che oltretutto fornisce un incentivo a giocare a volume alto, in quanto sottrarsi al terrificante comparto audio comporterebbe uno svantaggio "tattico" non di poco conto, considerato che nel momento in cui finalmente potremo vedere un nemico, sarà solitamente un pò troppo tardi per farsi trovare preparati.
Questo ci porta a un altro dei fattori che hanno fatto di Silent Hill una pietra miliare dell'orrore videoludico, ossia il sonoro. Oggi sono in molti ad aver capito quanto un buon sound design possa fare la differenza in un survival horror degno di questo nome (prendete ad esempio Amnesia e Dead Space); 14 anni or sono il Team Silent è stato un vero e proprio precursore di questa tendenza, non sottraendo nemmeno le nostre orecchie al lento e costante assedio perpetrato ai danni del nostro sistema nervoso; l'uso del campionario di SFX, apparentemente "random", è in realtà orchestrato magistralmente per metterci sull'attenti quando meno ce lo aspettiamo, tra tonfi, pianti e quant'altro riesca a farci sobbalzare e aggiungere accrescere un senso di paranoia che non ci scrolleremo facilmente di dosso, nemmeno (o meglio, soprattutto) qualora le minacce "promesse" da quello che sentiamo non arriveranno a sfociare in un riscontro concreto (e giusto per ribadire il concetto, non contate troppo su spaventi "catartici" e liberatori, i buontemponi Team Silent sanno essere parecchio sadici).
A questo punto credo di essere stato abbastanza chiaro: Silent hill è un gioco spaventoso. Lo era senza alcun margine di discussione quando vide la luce, e rigiocato dopo quasi tre lustri (che videoludicamente parlando sono equiparabili in svariati secoli), è bello constatare che la magia funziona ancora; e d'altronde, se hardware, motori grafici e tecnologie fanno il loro tempo (e sì, parliamo di un gioco che a livello tecnico i suoi anni li dimostra fino all'ultimo), ci sono elementi che non raggiungono altrettanto facilmente l'obsolescenza.
Ma comunque, se è vero che non di sola paura vive il giocatore di survival horror, è cosa buona & giusta specificare che Silent Hill non sia affatto tutto stile e poca sostanza, e anzi, si rivela un survival horror solido, giocabile ed estremamente godibile. L'unico relativo appunto sul comparto di gameplay potrebbe arrivare giusto sulla difficoltà e il grado di sfida complessivo, che un giocatore già sufficientemente smaliziato nel genere difficilmente troverà particolarmente ostica. Se poi si proviene direttamente da Raccoon City e dintorni, quasi non pare vero di trovarsi di fronte tanta abbondanza di munizioni e oggetti curativi, per non parlare della relativa facilità con cui possono essere evasi gran parte dei combattimenti, e infine, l'inventario illimitato e nessun limite di salvataggi, alla faccia di nastri d'inchiostro e "scatoloni magici" tanto di moda dalle parti della "città del procione". Un discorso a parte, invece lo meritano gli enigmi che dovremo risolvere nella strada che ci separa da Cheryl, e tra un esempio e l'altro del più classico "trova l'oggetto giusto e piazzalo al punto giusto", ci riservano puzzle di inaspettata finezza, per cui un'adeguato utilizzo di materia grigia diventa un requisito non sindacabile. Konami non mancherà affatto di intuire le potenzialità di questo fattore, al punto che i successivi capitoli della serie includeranno un settaggio di difficoltà apposito per i rompicapo, così da garantire ai più temerari spremiture di meningi di tutto rispetto, o al contrario, agevolare la vita a chi preferisca concentrarsi sul lato più prettamente d'azione, o semplicemente godersi lo scorrere della trama senza troppi intoppi di qualsiasi natura.
Dunque, con questo siamo arrivati al termine di questa retrospettiva e come era schifosamente prevedibile, la conclusione non può che essere una: Silent Hill è un capolavoro, rigiocato 14 anni dall'uscita esattamente come agli occhi di un gamer della fine dello scorso millennio (ok, detto così suona strano...); e non è solo questione di valore storico (che pure, è a livelli stellari): se è vero che i sequel avranno modo di migliorare la struttura e sviluppare con esiti memorabili idee qui allo stadio embrionale, il capitolo da dove tutto ha avuto inizio riesce a confermarsi, anche a confronto con la prova del tempo, materiale di primissima qualità e un carisma inesauribile. Fatevi un piacere: recuperate questo gioiello.

Voto: 10/10

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